Nel 2050 saremo 10 miliardi, dovremo produrre a basso costo più cibo e di qualità, limitando l’impatto sull’ambiente e utilizzando meno energia.
La popolazione, il cibo, il pianeta: un legame profondo, da sempre connesso alla sopravvivenza e al benessere delle persone, risulta essere ad oggi un elemento chiave anche per la tutela dell’ambiente. Il cibo, infatti, è un fattore che unisce diversi elementi, come la nutrizione e l’ecologia, e interagisce con diversi equilibri a livello globale, come quelli economici e politici. Quella alimentare è e sarà una delle sfide globali più complesse, con tutti i problemi energetici, ambientali, socio-economici collegati, e la chimica con l’innovazione avranno un ruolo chiave per un’agricoltura e un’alimentazione sostenibili.
La coltivazione, la trasformazione, la distribuzione e il consumo di cibo sano, sicuro e sostenibile sono fondamentali per la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, un programma d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi di 193 Paesi membri dell’ONU. Nello specifico, l’Agenda si prefigge 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs), che disegnano un grande programma d’azione, che comprende 169 traguardi. L’alimentazione, la nutrizione e la tutela dell’ambiente sono elementi fondamentali del programma, che possono contribuire sia in modo diretto (per esempio, obiettivi 2 e 3) che indiretto (per esempio, obiettivi 10 e 13) alla realizzazione degli SDGs.
Il 2021 sarà anche l’anno del World Food Systems Summit, il vertice sui sistemi alimentari convocato dall’Onu che riunirà personalità del mondo scientifico e accademico, della politica, della finanza, nonché agricoltori, consumatori e organizzazioni giovanili. ll summit sarà articolato in cinque percorsi d’azione, con l’obiettivo di generare azioni significative e progressi misurabili verso l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
A tal proposito è utile fare un focus sulla produzione di carne che, trascinata dalla domanda dei Paesi ricchi, è cresciuta inesorabilmente per diversi decenni e in futuro le previsioni concordano sul fatto che le persone ne produrranno e mangeranno sempre di più. Una maggiore domanda di carne si traduce però in un forte impatto sull’ambiente; infatti una parte significativa della superficie terrestre (tra il 25 e il 30%) viene utilizzata per l’allevamento di carne e occorrono 150 litri d’acqua per produrre un singolo hamburger. Ecco perché nel prossimo futuro, molti esperti concordano sul fatto che nei Paesi sviluppati ai consumatori verrà presentato un ampio ventaglio di alternative alla carne, che potranno avere diversa provenienza: animale (con metodi di allevamento più sostenibili), trasformata da proteine vegetali o coltivata in laboratorio.
La sfida di nutrire 10 miliardi di persone in modo sostenibile, secondo uno studio del World Resources Institute, richiede di colmare almeno tre lacune:
un divario alimentare del 56% tra le calorie dei raccolti prodotte nel 2010 e quelle necessarie nel 2050 con una crescita “normale”;
un divario di quasi 600 milioni di ettari tra la superficie agricola globale nel 2010 e l’espansione agricola prevista entro il 2050;
un divario di mitigazione di 11 gigatoni di CO2 tra le emissioni agricole previste nel 2050 e il livello necessario per mantenere l’aumento del riscaldamento globale al di sotto dei 2 °.
Trovare una quantità di terra necessaria a soddisfare quel fabbisogno significherebbe la scomparsa di molte foreste, che rilascerebbero il carbonio accelerando il cambiamento climatico. Inoltre l’agricoltura intensiva ha già avuto un enorme effetto sulla biodiversità e sull’ambiente in tutto il mondo. I fertilizzanti chimici contribuiscono direttamente al cambiamento climatico, attraverso il protossido di azoto dei gas serra, e all’inquinamento atmosferico attraverso l’ammoniaca.
L’alternativa forse più ovvia all’agricoltura intensiva industrializzata è quella biologica. Tuttavia per molti agricoltori l’investimento e il tempo necessari per soddisfare gli standard biologici possono essere un limite. C’è un’alternativa per passare a un’agricoltura più sostenibile senza certificazione biologica. Agroecologia è il nome dato a un’ampia gamma di tecniche agricole che cercano di ridurre al minimo l’impatto ambientale: comprende l’agricoltura biologica, ma è informale e non richiede certificazione e ispezione.Altri sistemi utilizzano l’idroponica, mediante la quale le piante vengono immerse in acqua contenente soluzioni minerali, al posto del suolo.
Un certo numero di aziende si sta concentrando sull’immissione sul mercato di carne di origine vegetale, per imitare la carne in ogni modo, dal gusto, alla consistenza, all’odore e all’aspetto. I sostituti vegetali della carne non sono una novità. Dal tofu e al seitan, la storia delle alternative alla carne risale a molto tempo fa, prima dell’emergere di cibi e stili di vita vegani. Ma ora la carne a base vegetale sta diventando più popolare per una buona ragione: è più sostenibile e può ridurre il consumo di carne, se non eliminarlo del tutto. Di certo la domanda di alternative sostenibili alla carne è in aumento e le frontiere sono potenzialmente infinite. Altre aziende stanno lavorando alla coltivazione di cellule di carne in coltura, prodotta senza bisogno di allevare e uccidere animali. L’umanità non riuscirà probabilmente a rimpiazzare del tutto la produzione animale, ma potrà cambiare il sistema industriale.
La tecnologia e l’innovazione potrebbero essere in futuro l’unico strumento in grado di soddisfare questo desiderio.
da Leyton website, A. Santilli.
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